Il design della distanza

EPISODIO 7
Design e creatività avranno una missione difficile ma possibile: ricordare che il virus non coincide con il corpo degli altri. Segni sul terreno, frecce, linee, cantoni, quadri, facilitano un gioco che si fonda sulla distanza e sul coordinamento, sul movimento ma anche sulle relazioni. L’altro non è un nemico da temere, ma un cittadino che abita il nostro stesso spazio in modo coordinato.


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Le città che saremo

Cambieremo davvero dopo la crisi coronavirus?
 Saremo capaci di trasformare una crisi di portata globale in un grande occasione di riprogrammazione collettiva delle nostre vite e delle nostre città?
 Riusciremo a far tesoro di quest’esperienza per innovare il lavoro, la scuola, il welfare, il nostro modo di organizzarci, di muoverci e di comunicare?
Noi ci proviamo con questo Laboratorio sulle città dopo il coronavirus.
Domande, appunti, proposte concrete.


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Che cosa pensano gli animali?

EPISODIO 5
Possiamo cercare di cogliere questo improvviso e liberatorio muoversi degli animali, come qualcosa che ha molto da dire. Perché presto usciremo dalle nostre case e non potremo dire di non averli visti né sentiti, nel silenzio e nell’ombra.


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Il tempo come unità di misura

EPISODIO 4
Siamo abituati a pensare le città a partire dallo spazio, in modo assolutamente monodimensionale. Come se tutto dovesse dipendere da un buon disegno di edifici, spazi aperti, verde urbano, servizi.
Ma le città - oggi più che mai - hanno molto a che fare con il tempo oltre che con lo spazio.


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Città e intelligenza delle connessioni

EPISODIO 3
Nelle grandi città, in quanto sistemi ad alto tasso di biodiversità - culturale, economica e sociale - è più facile che si sperimenti l’intelligenza delle connessioni: quella creatività che si nutre del surplus, dell’eccedenza di stimoli e soluzioni, della varietà di merci e cose in circolazione, dall’alto grado di entropia del sistema più caratteristico degli ambienti urbani.


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Densità non è sovraffollamento

EPISODIO 2
Crisi climatica e crisi sanitaria ci chiedono uno sforzo collettivo di intelligenza e di capacità di adattamento.
Ma le due dimensioni, almeno in questa prima fase, non sono così facilmente conciliabili, se passiamo dalla dimensione teorica a quella pratica.


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Le piazze sono vuote, le città no

EPISODIO 1
Per chi sa guardare - non soltanto con gli occhi - le nostre città restano piene di vita, di corpi e di anime - le nostre - che rimangono invisibili: vite compresse nei piccoli, grandi, modesti o preziosi formicai che sono le nostre case.


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Jova beach party: musica e ambiente una sfida concreta senza ipocrisie

Il Jova Beach Party è un concerto che lancia (anche) messaggi sull’ambiente o è una manifestazione ambientalista che fa (anche) musica? Se cogliamo questa differenza, possiamo capire perché Jovanotti potrebbe avere ragione di reagire a tinte forti alle critiche degli ambientalisti. E perché gli ambientalisti italiani farebbero davvero bene a lasciarsele cantare.


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Sotto sequestro il coraggio dell’innovazione di Stefano Boeri

Siamo di fronte all'ennesima follia italiana. In un paese in cui la speculazione edilizia e l'abuso delle regole sono state sistematiche si colpisce l'unico intervento intelligente, bello, funzionale, temporaneo e lungimirante realizzato dopo il sisma. Il centro polivalente di protezione civile di Norcia, realizzato gratuitamente da Stefano Boeri con i soldi raccolti dal Corriere e La 7, costituisce l'esempio migliore di come si dovrebbe costruire: la tempestività, la scelta dei materiali, il linguaggio architettonico.
Vogliamo dare massima visibilità al comunicato stampa dello Studio Boeri.
Esprimiamo a Stefano la più grande stima e apprezzamento. Continueremo a raccontare ai nostri studenti che c'è sempre un altro modo per costruire, che purtroppo si paga sempre il coraggio e l'ardire dell'innovazione ma non  ci sono altre strade se vogliamo diventare un Paese più civile e responsabile. Continueremo a pensarlo, a scriverlo, a praticarlo nella nostra professione. 


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Quando il terremoto distrugge tutto, anche il senso critico

Slogan facile e condivisibile da tutti. Peccato che imponga tempi di ricostruzione a quindici – venti anni e, per citare Renzo Piano, due generazioni per mettere in sicurezza il Paese. E’ questa la risposta che possiamo dare ai nostri figli? E poi, i vent’anni  della ricostruzione di Gemona (nel ’76) sono equiparabili a vent’anni di oggi? Con aspettative umane e temporalità radicalmente cambiate rispetto al passato siamo disposti ad attendere così tanto? E queste tempistiche varranno anche come codice per i terremoti a venire?


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