Bosco Spaggiari
Dove possiamo ritrovare il nostro legame più profondo con la terra e con la natura? Ce lo siamo domandati spesso in questi mesi di pandemia e di incertezza; sentiamo il desiderio di una relazione più mite e rispettosa del mondo che ci circonda, della natura, del mondo animale. Comprendiamo sempre meglio che un pianeta violato e offeso dalle attività dell’uomo diventa un luogo inospitale dove abitare e pericoloso. Ma dove possiamo ritrovare il nostro legame perduto con la natura? Certamente ci sono ancora ampie zone incontaminate nelle alpi, lungo gli Appennini, negli infiniti entroterra rimasti fuori dallo sviluppo di cui è ricco il Paese. Ci sono porzioni di costa ancora selvaggia e generosa. Ma certamente molte parti d’Italia sono state compromesse dall’urbanizzazione, da una ingorda fame di terreni edificabili, dall’ansia di trasformare la terra in rendite e guadagni. Molti di noi fanno esperienza di questo paesaggio compromesso dall’agire dell’uomo, dal suo degrado e sentono il desiderio di poter fare qualcosa di riparatore. Per questo bisogna conoscere il Bosco Spaggiari alle porte di Parma.È la storia di una restituzione da parte dell’uomo alla natura, è il racconto di una terra che torna alla sua sacralità originaria e lo fa attraverso il lavoro quotidiano degli uomini. Il Bosco è nato da un padre e un figlio (con una carriola), che a mani nude, una ventina di anni fa, guardando il terreno davanti a casa hanno deciso di trasformarlo in un bosco e di salvarlo dalla cementificazione e dall’inquinamento. Un atto di volontà radicale, per sottrarlo alla sua inesorabile consunzione. Querce, noci, frassini, cornioli, prugnoli, meli, olmi: un argine verde, realizzato anche grazie a contributi dell'Unione Europea (Fondo europeo di sviluppo rurale 2014- 2020), nei confronti di nuove urbanizzazioni.Siamo nella zona agricola in strada Quingenti a San Prospero, la frazione di Parma in prossimità della trafficatissima via Emilia. Una sequenza infinita di capannoni industriali, di svincoli, di terreni abbandonati, di case a schiera, una via l’altra. Ci siamo persino abituati a quel paesaggio suburbano fatto di incoerenze, di disarmonie e di natura in frammenti. Il ricordo della campagna perduta, della grammatica millenaria dei gelsi e dei filari, si è affievolito nel tempo quasi a scomparire.Per questo il Bosco Spaggiari è una storia di resistenza e di immaginazione: più di quindicimila piante in dieci ettari. E altrettanti “no” detti a chi voleva comprare a tutti costi quella terra edificabile, alle mafie che si sono affacciate blandendo e offrendo ricchezze, ai costruttori.“La libertà non è in vendita” - dice Roberto Spaggiari - “Questo è il nostro bosco, un bosco che oggi è aperto a tutta la comunità. Non ci sono recinzioni, si chiede solo di avere rispetto delle piante”. Sono tornati i bambini, gli animali, gli uccelli, gli insetti. Il Bosco è una aula a cielo aperto dove possiamo reimparare ad abitare il mondo.