Che cosa serve per essere un bravo insegnante?

Che cosa serve per essere un bravo insegnante?

Sapere molte cose, essere preparato, conoscere bene la propria materia, avere chiarezza di pensiero e capacità logica. Certamente sì, ma tutte queste capacità non bastano. Non sono mai state sufficienti per fare di un insegnante un bravo insegnante. Oggi, più che nel passato, possono costituire un buon punto di partenza ma ci vuole molto di più. Un insegnante è il suo corpo, la sua postura: sta in piedi o sta sempre seduto, cammina o sta fermo, gesticola o resta impalato come una statua greca sul suo piedistallo. Come la mia vecchia insegnante di greco, che probabilmente era priva delle gambe. Non ricordo di averla mai vista in piedi, né in movimento. Era tutt’uno con la sua cattedra di legno. Lignea pure lei.

Un insegnante è il tono della propria voce, che può modulare come uno strumento musicale per evitare la noia degli studenti, alzandola e abbassandola, cambiando nota, introducendo improvvise discontinuità nell’espressione. Un insegnante è il tipo di linguaggio che usa, se sa mescolare un linguaggio tecnico con uno più colloquiale, introducendo la parola più gergale o enfatica, quando serve per richiamare l’attenzione.

Un’ora in classe non è molto diversa da un’ora di teatro, dove passano parole, emozioni, sentimenti.

Vietato leggere le lezioni dai libri, cari insegnanti, magari con tono monocorde, senza espressione, bisogna fare la fatica di recitarle le lezioni, di interpretarle col pathos di cui ciascuno è capace e con intensità. Solo così alcune delle ore trascorse con i ragazzi resteranno incise nella loro memoria. I ragazzi non ricorderanno magari le terzine dantesche, non ricorderanno gli integrali e le rette parallele ma ricorderanno il momento e la voce con cui le abbiamo spiegate.

Un insegnante deve essere un piccolo narratore – qualsiasi materia insegni – che sa che quando ricorre ad un aneddoto, ad un mito, ad una piccola storia, fa breccia nella memoria degli studenti. Perché l’apprendimento ha una dimensione collettiva. La classe impara, ascolta, recepisce quando si riesce a creare un clima positivo, che l’insegnante può favorire suscitando rapporti distesi tra pari, alleviando le tensioni, provocando una risata liberatoria, richiamando all’ordine, quando necessario.

Un bravo insegnante spiazza, è imprevedibile, suscita curiosità. Sapendo di dover trascorrere un anno intero con i propri studenti, è in lotta con la noia, il già detto, il già vissuto. Cerca stimoli fuori dalla scuola, si fa attraversare dalle vite degli studenti, dai loro umori, dalle loro giornate no. Da quelle in cui li guarda con occhi nuovi e capisce che stanno crescendo e sono pronti (loro) a sorprenderlo.

Un insegnante – di quelli veri – è fragile, sa che rischia ogni giorno di portare in classe i suoi mille fardelli. Poi sale in cattedra, respira forte, si lascia alle spalle la sua umanità e un’ora, un’ora sola gli basta per ribaltare il mondo.

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