Come le città europee possono adattarsi al caldo estremo di queste settimane
L’architettura delle nostre città di asfalto e cemento non è adatta al clima di questi anni Venti. L’emergenza ambientale si abbatte sulle aree urbane con effetti moltiplicati a causa di edifici e urbanistica ormai obsoleti. Uno studio condotto dal Centro comune di ricerca (Jrc) della Commissione europea ha esaminato la differenza tra le temperature del suolo delle città con una popolazione di oltre 50mila persone e le zone rurali limitrofe, in un arco di tempo che va dal 2003 al 2020: la differenza di temperatura può arrivare fino a 10 o 15 gradi a causa dell’effetto “isola di calore”, il fenomeno che determina un microclima più caldo all’interno delle aree urbane cittadine, aumentando i rischi per la salute e impattando negativamente su economia e ambiente. «Il nostro modello di architettura e i materiali urbani che siamo abituati a usare, quindi cemento, vetro, asfalto, sono pensati per un clima completamente diverso: la pelle delle nostre città assorbe e trattiene l’energia dai raggi solari, riscaldando l’ambiente circostante, amplificando i danni del cambiamento climatico in ogni modo possibile», dice a Linkiesta la professoressa Elena Granata, docente di urbanistica al Politecnico di Milano. «Continuiamo a fare piste ciclabili di asfalto e cemento anziché in terra battuta, piazze che sembrano piazze d’armi, mutuate da un passato in cui si progettavano enormi pavimenti di pietra vuoti e di materiali impermeabili: esigenze che rispondono a un canone estetico non più attuale e non più sostenibile». La posta in gioco è alta, impatta ogni aspetto della nostra vita. Un esempio arriva dal mondo del lavoro: un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato quest’anno ha stimato che entro il 2050 lo «stress da caldo urbano» dovrebbe ridurre la capacità di un individuo di lavorare di circa il 20% nei mesi caldi. Ma se ne potrebbero fare altri sulla crisi energetica, quella alimentare, quella economica in senso più ampio, o ancora sulla salute. Il Financial Times, in un articolo pubblicato la settimana scorsa, scrive che «dopo estati consecutive di caldo record in Europa, i comuni si stanno preparando ad agire, dalla pianificazione di infrastrutture più resilienti all’introduzione di sistemi di allerta precoce per aiutare il pubblico a comprendere i pericoli associati al calore». Ma la soluzione deve partire da una trasformazione urbanistica.Il documento pubblicato dalla Commissione europea fornisce un piccolo compendio di proposte per le amministrazioni cittadine, una serie di misure per contrastare l’effetto dell’isola di calore urbano: «Creare corridoi eolici per la ventilazione, progettando tetti verdi e facciate per gli edifici, usando colori più chiari nella costruzione, piantando più vegetazione e facendo un migliore uso dell’acqua, è possibile ridurre le temperature urbane e migliorare le condizioni di vita per gli abitanti della città». Quando si riflette su interventi per ridurre le temperature nel cuore di una città non si deve pensare solo a opere gigantesche, o a lavori lunghi e impegnativi. «Ci sono tante piccole cose da mettere in pratica nel breve periodo», dice la professoressa Granata. «Se da un lato c’è la necessità di una metamorfosi delle città, a partire da un principio di permeabilizzazione e porosità, dall’altro possiamo intervenire anche su ciò che già c’è: il colore degli edifici è un fattore, così come aggiungere vegetazione sui tetti, depavimentare alcune strade: sono interventi molto piccoli che la maggior parte dei comuni può fare subito».
_____L'articolo di Alessandro Cappelli su: linkiesta.it