Suolo: materiale di progetto

Suolo: materiale di progetto

Viviamo quasi tutti in città, oramai.
Camminiamo su comodi marciapiedi lastricati, attraversiamo strade asfaltate e quando entriamo in casa – passate le scarpe sullo zerbino – non seminiamo tracce dei luoghi che abbiamo percorso. Ci verrebbe da dire che la crosta del pianeta è dura e minerale, ma non è così. La maggior parte delle terre emerse sono ricoperte di un materiale morbido, scuro e compatto: il suolo. E’ il frutto di una dinamica sempre attiva di scambio e compenetrazione tra roccia, materiale organico, aria e acqua. Questo gli conferisce una spiccata malleabilità e rende possibile giocarci quasi fosse sabbia in riva al mare. E permette la vita.

La più estesa continuità di suolo della nostra penisola, la Pianura Padana, che sommariamente immaginiamo come una superficie piana e omogenea, è stata, nel corso dei secoli, solcata, erosa e scavata dalla natura stessa e dalle mani dell’uomo. Si pensi all’incisione praticata dai fiumi, alle profonde cave di argilla oppure alle grandi infrastrutture che hanno lasciato un solco o una duna.

Uno dei frammenti più rappresentativi della grande varietà di operazioni compiute sul suolo della Valle Padana è certamente il Grande Parco Forlanini, un’area di circa 250 ettari che si estende dal centro di Milano fino all’Idroscalo. Quella che era un tempo una delle campagne ai margini orientali di Milano, è stata circondata dalla città, divenendo un’enclave di territorio agricolo, attorniata da grandi strutture sportive, impianti di produzione di energia e infrastrutture. Le modellazioni superficiali hanno creato però un paesaggio frammentato e difficilmente fruibile.

Per dare una nuova identità a questo territorio e ridefinirne il significato, occorre oggi un certo sforzo immaginativo.

In questo processo la narrazione gioca un ruolo cruciale tra l’idea e la realizzazione di un progetto. La strada verso un paesaggio più comprensibile e coeso è la sperimentazione di nuove tecniche narrative, con le quali dar vita a nuovi racconti, nuove visioni e nuovi sogni.

Queste immagini di scenari primitivi, quasi fuori dal tempo, sono state costruite attraverso la modellazione tridimensionale in sabbia. La strategia del progetto accademico che vogliono raccontare adotta una logica di grossi spostamenti di terra, venendo incontro alla necessità di alcuni terreni dell’area di essere bonificati. S’immagina così di disporre il terreno da sanare ai bordi del parco, costituendo una barriera rispetto alla città e creando un’oasi di verde e di pace. Questa barriera “mobile” ingloba le aree ai suoi margini, oggi sede di varie attività, invertendo così la logica che fino ad oggi ha regolato la trasformazione dell’area: d’ora in poi saranno gli spazi aperti a “divorare”  il costruito.

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