Per ricucire la società servono i placemaker
Il termine placemaker deriva dalla letteratura urbanistica anglosassone e Elena Granata, docente di urbanistica al Politecnico di Milano, lo traduce come «inventore di luoghi». Innovatori urbani che agiscono negli spazi delle città, ripensano la relazione con la natura, operano sulla mobilità, ridisegnano case, uffici, piazze e strade. «Professionisti ibridi capaci di conciliare i bisogni con l’immaginazione, la creatività quotidiana con la salute del corpo sociale che vive la città». Il placemaker può essere ovviamente un architetto o un designer ma anche un assessore o un’associazione. «È chi ha l’ispirazione e poi riesce a mobilitare risorse e persone per farla diventare realtà». Un placemaker è, per esempio, don Marco Ruffini il parroco di Norcia che dopo aver letto l’ultimo libro di Granata le ha scritto per raccontarle di aver progettato il primo campanile orizzontale della storia. Costruito recuperando il legno da un’opera che non serviva più._____L'articolo completo di Dario Di Vico su: corriere.it