Salvare i borghi. Quali? Tutti? Le trappole del bene assoluto
Salvare i borghi. Quali? Tutti? Le trappole del bene assoluto
Tutti ci aspettiamo che un prete affermi con convinzione che dobbiamo amare tutti. Al contempo, auspichiamo che sappia amare poche persone con tutto se stesso, privilegiando, qualora dovesse scegliere, il povero e l’escluso. Tutti è il valore annunciato, i più deboli sono la cifra che quell’amore diventa concreto, esce dall’universalismo del principio per diventare fatto reale.
La stessa cosa deve accadere in politica, dove non bastano l’annuncio e l’evocazione del principio. La politica deve affermare valori universali e al contempo saperli tradurre in soluzioni e percorsi realizzabili. Non è facile, soprattutto quando i contenuti valoriali sono forti e la mission è eticamente rilevante, come nel caso di temi ambientali o sociali, si rischia di sovrapporre e confondere i due piani.
Sono “le trappole del bene assoluto”. La politica e le retoriche hanno bisogno di dichiarazioni assolute per risultare convincenti e ne fanno ampio uso. Pensiamo all’annuncio di ricostruire tutti i paesi colpiti dal terremoto ripristinandoli “com’erano e dov’erano”, alla filosofia del consumare solo prodotti a Km zero, prodotti nei territori dove si vive. Si tratta di espressioni che si fondano più sul principio che sulla possibilità reale di essere realizzati. Indicano un valore ma non possono essere presi alla lettera. Uscire dalla trappola dei beni assoluti significa accettare di misurarsi con il campo del possibile e con beni relativi. Di questi dovrebbe nutrirsi sempre la politica e l’innovazione sociale.
Penso alla recente legge promulgata per la Salvaguardia e la valorizzazione dei piccoli comuni italiani, fortemente voluta dalle migliori voci del nostro ambientalismo.
La legge ha il merito di portare l’attenzione su un’Italia interna oggi in grande sofferenza che ha un patrimonio artistico e ambientale di grande valore. Non tutti sanno però che piccoli (ossia con meno di 5.000 abitanti) sono la gran parte dei comuni italiani e che l’impresa di salvarli tutti è praticamente impossibile. Sono circa 5.500 comuni pari al 55% del nostro territorio.
Come si può pensare di intervenire così diffusamente?
In molti casi l’abbandono ha fatto seguito ad evento sismico o un’alluvione, in altri è dipeso dall’isolamento e dalla povertà. Molti borghi muoiono per sempre perché gli abitanti se ne sono andati. Non siamo in grado di salvarli tutti, né di ricreare condizioni di abitabilità là dove sono andate perdute; decidere di investire moltissimi soldi pubblici in borghi collocati in zone impervie o ad alto rischio è una responsabilità da assumere con grande consapevolezza e con capacità di visione.
Se anche avessimo i soldi per intervenire su tutti dovremmo comunque sentire il dovere di scegliere. Quando le risorse sono ridotte al minimo, come in questo caso, individuare con rigore il proprio campo d’azione è una responsabilità e un dovere.